Vite Sospese – Report sulle disuguaglianze Sociali 2025

Attorno alla piscina di Betzatà, nel Vangelo secondo Giovanni (5,1-9), si raduna “un gran numero di infermi, ciechi, zoppi e paralitici”. Tutti attendono che qualcosa si muova, che l’acqua si agiti, che arrivi un segno capace di cambiare la loro sorte. Sono vite sospese, in bilico tra speranza e rassegnazione.

Tra loro c’è un uomo da trentotto anni immobile sul suo giaciglio. Gesù si ferma davanti a lui e, con una domanda che penetra il silenzio della sua attesa, gli dice: «Vuoi guarire?».

Non è un interrogativo di curiosità, ma un invito alla partecipazione: Gesù non impone la guarigione, la propone come cammino condiviso. Quel “vuoi?” restituisce al malato la possibilità di scegliere, di rimettersi in gioco, di sentirsi parte di un progetto di riscatto. Poi il comando: «Alzati, prendi la tua barella e cammina».

Il miracolo non consiste solo nel movimento delle gambe, ma nella rinascita della dignità. L’uomo si rialza, prende il suo lettuccio — segno della sua fragilità — e lo porta con sé. Non rinnega il passato, lo trasforma in testimonianza.

L’immagine della piscina di Betzatà è straordinariamente attuale: un luogo di attesa, popolato da persone ferme, segnate da sofferenze fisiche e morali, che vivono sperando che “qualcosa si muova” . Oggi quelle piscine sono gli ospedali, i centri d’ascolto, i servizi sociali, le file per un colloquio di lavoro.

Sono spazi dove la vita sembra sospesa: non si è fermi del tutto, ma non si cammina ancora autonomamente e speditamente.

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