Mani tese per dare o per ricevere ….

Risposta all'appello della Caritas sorella di foggia Rignano

Il 27 aprile una piccola delegazione della Caritas di Bari Bitonto ha portato, rispondendo all’appello della Caritas sorella di foggia, a Rignano quanto raccolto dalla caritas delle parrocchie e dei gruppi della nostra diocesi.
Di seguito alcune righe scritte dai volontari presenti….

Ci interpellano, ci coinvolgono, ci fanno riflettere: ogni volta che apriamo le mani per dare… ci accorgiamo che le nostre mami aperte si confondono con le mani di coloro che  le aprono per ricevere… si confondono…così che ,  come direbbe papa Francesco,  non si riesce più a distinguere chi dona e chi riceve e protagonista diventa il DONO…

Più che i tanta volti, odori e suoni ‘incontrati’ ieri, mi porto nella mente e nel cuore le tanti mani sfiorate e toccate. Le mani di chi ha deciso di donare , leo mani di chi ha raccolto, caricato e distribuito . . . Le mani avvicinano o dividono . . . Fanno ordine o creano distanze . . . Esprimono un grazie o dichiarano delusione . È difficile ‘gustare e toccare’ il Bene ma è una sfida che tale la pena raccogliereUn volontario
Anche io ritorno spesso a ieri … mi sono portata a casa quella coda interminabile … la fila umana di volti neri lucidi al sole ! Tanti gesu’ in fila … ! Che mi interpellano e nello stesso tempo mi guariscono dalla quotidianeita’ ! Ringrazio sempre dio per avermi chiamato attraverso volti precisi a far parte della grande famiglia Caritas ! … e grazie a chi ha condiviso con me questa esperienza di ieri ! Un abbraccio a tutti ! ❤Un volontario
Vergogna! Vergogna! Questa per noi è una vera vergogna! Queste le parole con cui siamo stati accolti da una donna del ghetto, che non voleva fare le fila. Si ghetto come se non ci trovassimo nel XXI secolo come se il tempo si fosse fermato al lontano ’39. Giunti a Foggia percorriamo circa 8 km di strada comunale tutta o quasi sgarruppata, da un lato e l’altro tappeti verdi. Alla fine della strada segnalato da una piccola discarica a cielo aperto, sulla destra si sviluppo il ghetto, anch’esso costeggiato da un tappeto verde, grano che è per loro casa, lavoro, sfruttamento, tutto. Accerchiati da ogni parte un po’ come quelle immagini che tanto ci fanno sorridere che quasi ci commuovono dei bimbi africani che prendono d’assalto “l’uomo bianco” per una caramella. “Tu sei come loro! Perche non vuoi fare la fila!?” Queste le parole che abbiamo ripetuto per tutto il tempo …”dovete fare la fila” “non si scelgono i cibi” “non posso darti gli spaghetti non ci sono più”. Pazzesco vero, dover dire a degli uomini, alcuni appena rientrati dopo una giornata di lavoro nei campi, dove ormai è noto a tutti lo sfruttamento che subiscono, se vuoi questo cibo devi fare la fila! Eppure molti moltissimi di loro come se sapessero, come se fosse la normalità o forse semplicemente senza più pensare a quello che fanno hanno eseguito il compito, si sono messi in fila. Come biasimarli dopo che alzi lo sguardo e noti dietro di te le “case” dove vivono. Come non smettere di pensare dopo che passi le tue giornate con i piedi nel fango con delle lamiere di acciaio ricoperte di plastica a farti da casa, senza acqua corrente ne bagni, senza bidoni della spazzatura, con delle pietre che ti proteggono la casa nelle giornate di pioggia quando quelle pseudo strade si trasformano in fiumi di fango. Nonostante questo che noi definiremmo la miseria, loro sono più ospitali ed accoglienti di noi, possiamo entrare nel loro mondo fare un giro tra le loro case senza alcun permesso speciale o forse quel cibo distribuito, quel cibo condiviso dalle tante famiglie e parrocchie della nostra diocesi lo è stato. Ed è li che scopri che c’è un mondo loro fatto di pollo arrosto su braci improvvisate, di bancarelle dove acquistare dalle patate all’Oki, di venditori di materassi usati, di ristoranti dove mangiare in compagnia degli amici, di discoteche e ritrovi serali dove divertirsi e dove i venerdì sera entra anche “l’uomo bianco”, di amici seduti li davanti la bottega a godersi un buon caffè eritreo, che profumo! e subito si adoperano per offrirtene uno. Allora è li che ci pensi davvero… che pensi che TU sei come loro ed è allora che anche dentro di te si alza il grido Vergogna! Poi ci pensi, in realtà acconto a tutto ciò c’è tanta vita, forza e determinazione. In meno di tre mesi hanno ricostruito quasi tutto quello che era stato bruciato in termini di case esattamente li dove erano. Molti hanno perso i propri indumenti, li hanno ricomprati. Altri non hanno più documenti fondamentali per loro per essere regolari e non essere espulsi, con l’aiuto delle volontarie e dei mediatori culturali provano a dissipare le file della burocrazia. Non è facile ma loro ci provano loro sono sempre ed ancora lì nonostante tutto ed è forte il messaggio che mandano abbiamo bisogno di voi. Un volontario

Web developer Giovanni Caputo